domenica 16 novembre 2008

venerdì 7 novembre 2008

Io sto bene


È una questione di qualità
o una formalità
non ricordo più bene una formalità
come decidere di radersi i capelli
di eliminare il caffè, le sigarette
di farla finita con qualcuno
o qualcosa, una formalità una formalità
o una questione di qualità
io sto bene io sto bene
io sto male io sto male
io non so io non so
come stare dove stare
non studio non lavoro non guardo la TV
non vado al cinema non faccio sport
io sto bene io sto male io non so
cosa fare non ho arte non ho parte
non ho niente da insegnare
è una questione di qualità
o una formalità
non ricordo più bene, una formalità

( C.S.I. / In quiete 1994 )



Non abbiamo nulla da fare e tutta una vita per farlo , scriveva, all’incirca così , Jack Kerouac…
Andremo avanti sempre e comunque
Spingeremo tutto del nostro essere verso l’orizzonte
Non diremo una parola per non rovinare il passaggio tra futuro e passato
Non chiameremo mai il presente col suo nome
Lo vivremo soltanto come realtà dal sogno, e quando ci sveglieremo saremo morti, caduti in un sonno senza ritorno…

È una questione di qualità
È una questione di qualità
È una questione di qualità


Staremo attenti solo a questo
Staremo attenti solo a questo senza pensare di dover poter spendere più degli altri
Senza pensare troppo all’avere, rapineremo il mondo del giusto…solo del giusto per noi.
Poi potremo regalare agli altri la gioia di essere noi stessi

Una formalità
Una formalità
Una formalità


Affanculo le cose che contano
Affanculo le cose che contano e chi pensa di contare
Contare qualcosa per loro è come contare i soldi o le apparizioni in TV…
Cercheremo di non essere ripetitivi, al limite potremo diventare paranoici, ma anche no…
Affanculo le cose che contano!
Insieme alle processioni, ai falsi auguri e tante grazie!

C’è un tempo per essere grassi e un tempo per essere magri
C’è un tempo per essere onesti e un tempo per essere bugiardi
C’è un tempo per essere tristi e un tempo per essere allegri
C’è un tempo per essere e un tempo per annullarsi
Un tempo per credere e un tempo per far credere
Ma soprattutto c’è un tempo per non preoccuparsi di tutte queste sciocchezze

È una questione di qualità
È una questione di qualità
È una questione di qualità


Non m’importa che tempo dovrà venire

Io sto bene io sto bene
Io sto male io sto male
Io non so io non so
Come stare dove stare


Non m’importa di quante stagioni sarà fatta la mia giornata

Io sto bene io sto bene

Tutto quello che voglio sarà tutto quello che verrà a me

Io sto bene io sto bene

Non ho niente da fare in questa vita
Soltanto una cosa mi lega a questo tempo
Lavorare per la felicità

martedì 4 novembre 2008

Indovina chi viene a pranzo?



Miser chi speme in cosa mortal pone

( Petrarca, Triumphi Mortis )



Cos’è questo rumore? Così all’improvviso, sale, sale nella testa, nella mia testa senza sale. Risuona nella mia testa vuota e fa male. Sembra qualcosa che cade, grosso come un’ala di aereo. Un incidente mi viene a trovare all’ora di pranzo, e non ci credo. Sento che stanno cadendo. Sento che stanno cadendo dei grossi pezzi dall’alto. Arrivano! Arrivano giù! Si schianteranno. Si stanno schiantando al suolo e cadono uno sull’altro! Ripetutamente. Devo guardare! Devo voltarmi. Devo capire. Ma nessuno sente questo disastro? Mi volto e realizzo che i fiori nel vaso stanno perdendo i petali. Sento questi grossi pezzi cadere. Muovono l’aria e mi colpisce lo schianto, il tonfo suicida sul centrino bianco ricamato ad uncinetto. E sento i lamenti dei fiori amputati che stanno nel vaso di vetro, costretti a vivere in apnea. Sono malati. Portano dei tubi al naso per respirare, immersi in un liquido che putrida la loro essenza. Loro, col volto aggrinzito e sofferente, apatico, aspettano l’ultimo petalo cadere. L’ultima boccata d’aria in tubi verde clorofilla.
E cosa sono questi rumori di lotta? Metallo contro metallo. Metallo contro ossa. Metallo che non cede il passo e si scontra con tutto quello che trova. Sento il chiacchiericcio disperato dei soldati. Urlano e ridono. Una carica devastante mi travolge senza poter decidere da che parte stare. Forse da nessuna. Come è stupido morire in mezzo a due fazioni da neutrale. Aspetto solo il caffè per ritirarmi dal pranzo della domenica. Carne fatta a pezzi e abbandonata sul campo. Gloria che si sazia di alta pasticceria e sigarette di monopolio. Mi pulisco il muso con la bandiera bianca e guardo fuori.
E adesso cos’è questo? Sento il vetro della finestra stridere, graffiato da lunghe unghie di bronzo. E una bocca che s’apre fino allo stomaco perde tutta la sua forza per un grido. Scendono le unghie, restano ancora aggrappate al vetro. È un’anima che muore. Gli ultimi stridi di una mano fredda. Scendono le unghie. Scendono e fanno spazio al sole che illumina un vaso di fiori da cambiare, una tavola da sparecchiare e una mano che mi porta del caffè.
Cos’hai? Ti senti bene?
Si. È solo un po’ di stanchezza.

domenica 2 novembre 2008