martedì 4 novembre 2008

Indovina chi viene a pranzo?



Miser chi speme in cosa mortal pone

( Petrarca, Triumphi Mortis )



Cos’è questo rumore? Così all’improvviso, sale, sale nella testa, nella mia testa senza sale. Risuona nella mia testa vuota e fa male. Sembra qualcosa che cade, grosso come un’ala di aereo. Un incidente mi viene a trovare all’ora di pranzo, e non ci credo. Sento che stanno cadendo. Sento che stanno cadendo dei grossi pezzi dall’alto. Arrivano! Arrivano giù! Si schianteranno. Si stanno schiantando al suolo e cadono uno sull’altro! Ripetutamente. Devo guardare! Devo voltarmi. Devo capire. Ma nessuno sente questo disastro? Mi volto e realizzo che i fiori nel vaso stanno perdendo i petali. Sento questi grossi pezzi cadere. Muovono l’aria e mi colpisce lo schianto, il tonfo suicida sul centrino bianco ricamato ad uncinetto. E sento i lamenti dei fiori amputati che stanno nel vaso di vetro, costretti a vivere in apnea. Sono malati. Portano dei tubi al naso per respirare, immersi in un liquido che putrida la loro essenza. Loro, col volto aggrinzito e sofferente, apatico, aspettano l’ultimo petalo cadere. L’ultima boccata d’aria in tubi verde clorofilla.
E cosa sono questi rumori di lotta? Metallo contro metallo. Metallo contro ossa. Metallo che non cede il passo e si scontra con tutto quello che trova. Sento il chiacchiericcio disperato dei soldati. Urlano e ridono. Una carica devastante mi travolge senza poter decidere da che parte stare. Forse da nessuna. Come è stupido morire in mezzo a due fazioni da neutrale. Aspetto solo il caffè per ritirarmi dal pranzo della domenica. Carne fatta a pezzi e abbandonata sul campo. Gloria che si sazia di alta pasticceria e sigarette di monopolio. Mi pulisco il muso con la bandiera bianca e guardo fuori.
E adesso cos’è questo? Sento il vetro della finestra stridere, graffiato da lunghe unghie di bronzo. E una bocca che s’apre fino allo stomaco perde tutta la sua forza per un grido. Scendono le unghie, restano ancora aggrappate al vetro. È un’anima che muore. Gli ultimi stridi di una mano fredda. Scendono le unghie. Scendono e fanno spazio al sole che illumina un vaso di fiori da cambiare, una tavola da sparecchiare e una mano che mi porta del caffè.
Cos’hai? Ti senti bene?
Si. È solo un po’ di stanchezza.

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