martedì 19 gennaio 2010

Tabacchi salati

domenica 17 gennaio 2010

If I Had A Heart


This will never end
cause i want more
More, give me more, give me more

This will never end
cause i want more
More, give me more, give me more

If i had a heart i could love you
If i had a voice i would sing
After the night when i wake up
i'll see what tomorrow brings

If i had a voice i would sing

Dangling feet from window frame
will i ever ever reach the floor?
More, give me more, give me more

Crushed and filled with all i found underneath and inside
just to come around
More, give me more, give me more

( Fever Ray / Fever Ray 2009 )

Se avessi un cuore ne farei un campanello, uno di quei campanelli di bronzo che portavano al collo le bestie nei campi. Un sfera intarsiata con linee senza significato. Se avessi un cuore sarebbe un campanello da appendere al vento, sanguinante ad ogni oscillazione. Se avessi un cuore lo farei sentire gemere. Se avessi un cuore sentirei freddo e invece niente. Questo gelo non mi regala nulla. Ne gioia ne dolore. Se avessi un cuore lo porterei in mano, giusto per ricordarmi di averne uno. Mi sporcherei le mani di rosso e rimarrei a pensare mentre i miei occhi scompaiono in un vuoto anemico.
Se avessi un cuore potrei anche riuscire ad amare, ma credo di avere solo stomaco. Uno stomaco pulsante. E lo stomaco pensa solo a se stesso e non lascia spazio a cose che non riempiono la pancia. Se avessi un cuore, lo sveglierei a calci, giù per le strade vuote della mia vita. A suon di calci fino a far stupire il bianco e il grigio delle case sempre immobili e senza parole. A suon di calci lo lancerei avanti per queste strade mute. Farei stupire quelli che stanno al sicuro dietro le loro mura fino a costringerli ad uscire fuori, per assistere allo scempio di un cuore inutile.
Un pazzo. Un folle. Un disgraziato. Uno stupido. Questo è lo spettacolo di uno stupido.
Se avessi un cuore chiederei sempre di più per non sprecare un battito.
Se avessi un cuore riuscirei a farlo battere. Riuscirei a farlo cantare. Riuscirei a girare il mondo con una vertigine e chiederei di più. Chiederei di più, fino all’ultimo battito.

venerdì 8 gennaio 2010

La science des rêves


La realtà è il frutto dell’intersecarsi dei sogni e degli incubi di ognuno di noi.

mercoledì 6 gennaio 2010

Amber Gris



( Medeski, Martin & Wood / Radiolarians II 2009 )

Stormi migratori e un cielo che diventa giorno, che arrossisce di porpora e nuvole, che scalda e acceca dalla distanza. Geometrie d’ali, disposte in gerarchia e un cielo che ridiventa notte, che brilla sul mare ma la rotta è decisa. L’istinto non è stanco. Il volo continua. Poi, un viaggio di turisti, con la cintura ben allacciata, carrelli porta vivande, la bevanda alcolica sorride e fa digerire un pasto improbabile. Un gigante bianco, superveloce, superinquinante, superpesante e poi il panico, il pericolo. Starnazzi. Sgomento animale e pochi secondi per decidere tra lo schianto, la deviazione o l’oceano. Intanto a Parigi piccoli balconi si scontrano con mansarde e tetti d’argento. Palazzi contro palazzi, luci al neon contro lampioni romantici nell’aria nebbiosa di una Senna silenziosa ma presente. Da un bel po’ non è più primavera e lo sguardo si alza nel grigio umido della città fino sotto le grondaie, con i nidi vuoti e malridotti dal tempo e dalla malinconia. Si dovrebbe immaginare il mare, l’oceano, per andare più lontano. Per cercare la primavera o forse per godersi l’ambra che si fonde col grigio. Una nuova alba e un blu piatto. Oppure un tuffo negli abissi, solo un tuffo negli abissi, solo un tuffo. Dove le creature non hanno paura di essere quello che sono. Dove la bellezza non esiste, dove anche la forma più strana è libera di esprimersi e colorarsi di molecole fluorescenti per vincere il buio più profondo. Un tuffo negli abissi per perdersi e ritrovarsi, solo un tuffo alla ricerca dell’informalità. Un tuffo, solo un tuffo.

venerdì 1 gennaio 2010

Falsi Dèi


La gravidanza ti ha fatto bene. Ti ha fatto abortire le tue rivoluzioni. In un bagno di vita fragile al confine col morire non hai saputo fare altro che urlare. Il sogno romantico che ti svegliava la mattina se ne è andato e adesso ogni rivoluzione ti sembra stupida. Inutile. Questa terra è gravida. Gravida di figli da inghiottire. Figli che non sanno chi ringraziare ma che sembrano abbastanza folli e contenti di respirare. E festeggiano. Celebrano. Consacrano. Maledicono. Inveiscono per falsi Dèi e inseguono il limite e la normalità. Sparano in aria e sul mondo. Sparano e fanno la guerra. Sparano e salutano l’anno nuovo. Sparano al passato. Sparano al futuro. E il buio si illumina di fuochi in uno stupido stupirsi che niente è cambiato. Ma hanno le pance piene, gli occhi alti e belle parole vuote per tutte le occasioni. Non è colpa di nessuno essere vittime della fortuna e del destino.