martedì 26 aprile 2011

Addio pagliaccio

E così te ne vai, senza un ghigno, senza un sorriso, senza nemmeno l’ultima battuta. Te ne vai e basta, senza chiedere congedo. Molti si aspettavano un saluto, una tua illuminazione, un declino da poter commentare. Niente di tutto ciò, nessun rispetto per il pubblico. Te ne vai, senza nemmeno salutare. È dura intrattenere gli astanti, è dura ridere e far ridere, dare attenzione ed elemosinarne un po’. I migliori sorrisi non sono mai stati colti, le pause più importanti non sono mai state ascoltate. Sotto il naso rosso di gomma non si noterà mai il sangue, né l’emozione sotto al cerone, rimmel e lacrime si confondono nel trucco di un attore che non sarà mai preso sul serio solo perché tutti si aspettano che farà ridere. Addio pagliaccio, addio.

giovedì 24 marzo 2011

Un maestoso silenzio


Un infinito e maestoso silenzio si apre nelle piazze gremite di anonimi volti che siamo costretti a perdere, nelle strade sfollate dai disperati di quartiere e dalle volanti del controllo, nel freddo notturno delle stazioni ferroviarie e nel caldo asfissiante di locali alla buona. Crollano gli sguardi senza interpretazione, crollano i manifesti strappati, appesantiti da un’immane sovrapposizione di messaggi pubblicitari, immagini, carta e colla senza risparmio.
Un infinito e maestoso silenzio si diffonde verso i tramonti e gli orizzonti troppo lontani, verso il prossimo sale e tabacchi, contromano e contro tutto, contro i muri e le persiane sempre chiuse.
Un infinito e maestoso silenzio entra nel frastuono quotidiano delle solite cose, quello delle frasi fatte, dei buongiorno, degli arrivederci e grazie. Entra nelle trasmissioni radio che passano sempre le stesse canzoni, nei programmi tv che sanno di poco, ma che intrattengono la noia del pubblico e lo rassicura dalla realtà.
Un infinito e maestoso silenzio tutto mio, strettamente personale, dell’anima contro il mondo, contro il destino, che cerca, vaga, senza meta e con desideri sempre ignoti.
Un infinito e maestoso silenzio accompagna i miei passi, si veste di solitudine e gioia, l’inconfessabile male di vivere e il magico stupore del prossimo passo.

giovedì 24 febbraio 2011

Echo’s Answer


The wind has gone
The invisible come
Your memories are being run
The mountain scarred
By invisible bars
The stillness is on guard

Oh, the wind will come
Blow, answer echo's answer

The mountain mine
From invisible time
I am next in line
The message sent
Was of discontent
From incline to incline

Oh, the wind will come
Blow, answer echo's answer

The wind is near
The invisible hear
Come my thoughts away from fear

Oh, the wind will come
Blow, answer all these echo's

( Broadcast / The Noise Made By The People 2000 )

"L'anima libera è rara, ma quando la vedi la riconosci: soprattutto perché provi un senso di benessere, quando gli sei vicino."
Charles Bukowski

Quando sei vicino ad un’anima libera non puoi far altro che sostare incredulo, è come sentirsi vicino a qualcosa di veramente puro e non si può tentare di sfiorare la purezza senza rovinarla. Si rimane immobili e ci si sente bene. Le anime libere sono rare ma per loro vale la pena passare malesseri, giorni bui e fallimenti. È quello che dal profondo si brama, anche se spesso ci accontentiamo dell’esatto opposto. Mi piacerebbe essere un’anima libera, intanto che non lo sono mi accontento di trovarne una, per puro caso, di sfuggita nei travagli quotidiani della mia routine. Ci sono le anime libere, le anime pure e poi ci sono i momenti liberi, puri. Di quelli non ci dimenticheremo mai. Ne faremo ricordi per i quali difficilmente riusciremo a trovare le parole giuste per descriverne la bellezza e che non sapremo mai bene con chi condividerne l’entusiasmo. Di quelli cercheremo di farne insegnamento, ma sarà arduo per noi che ci sporchiamo troppo spesso con sciocchezze e battaglie inutili. Il vento ci soffierà negli occhi e avremo paura di arrossire, di mostrare lo sguardo languido. Cercheremo parole sbagliate pur di non rimanere in silenzio, pur di non rimanere senza fiato e alzarci un po’ al di sopra di tutto.
Non aspetteremo tanto perché quelli come noi sono stupidi a modo loro. Rovineremo tutto, come al solito, per non cadere da un’altezza insostenibile.
E il vento si porterà via la risposta verso l’invisibile, e noi, gli altri stupidi sforzeremo lo sguardo pieno di sangue; e in quel momento non sapremo come spiegare ai soliti stupidi la loro meraviglia e la nostra sconfitta.
Forse un giorno impareremo a sfruttare la nostra stupidità in modo differente.
Forse un giorno faremo lezione dei nostri momenti puri.
Forse un giorno impareremo qualcosa e avremo gli occhi asciutti e senza paure, come un’anima libera.

sabato 19 febbraio 2011

Crazy Farm


Sono circondato da folle di brutti gallinacci, striduli e inopportuni, con i becchi sempre pronti a dire la propria insulsa opinione, il loro punto di vista, la loro scienza teorica. Sempre pronti a lanciarsi sulle briciole e ad andare avanti e indietro senza motivo, con la testa gonfia e vuota come palloncini di gomma, gli occhi sgranati e sospesi nel niente. Facce da tacchino dai colli slabbrati e paonazzi, balbuzienti col singhiozzo che pretendono attenzione sempre indecisi sul da farsi, e quando decidono, sputano parole con convinzione ma non finiscono mai bene la frase e con un altro singhiozzo rimangono interdetti sicuri dell’errore. Sono circondato da grassi pennuti incapaci di volare, che sognano ad occhi aperti, che parlano di voli aggraziati e virtuosi ma l’unica cosa che sanno fare è sporcarsi il basso ventre di fango e sterco. La scala di un pollaio come la metafora della vita, il letto dei maiali come la metafora della notte, lo steccato della fattoria come la metafora della libertà mai assaporata. Spunta il sole e irradia l’aia umida, disordinata e maleodorante. È l’ora della colazione e d’improvviso una calca di stupidi animali affamati si tira fuori dai propri giacigli asfissianti, cavalli zoppi che non faranno mai una corsa ormai buoni per il macello, maiali impazziti che s’ingrassano ben bene e non sanno che le cure del padrone sono la loro dolce condanna a morte. Ridono ed esultano felici a ogni pasto, corrono a spaccarsi il muso nella loro sbobba, un giorno correranno fuori dopo il digiuno ma solo per saldare il conto con chi gli ha mostrato cura e affetto.
Il benessere e la fortuna possono essere condizioni illusorie e alla fine, al di là della stagnante comodità dell’inerzia, si dovrà pagare un prezzo insostenibile e inaspettato.

mercoledì 9 febbraio 2011

Lunghe passeggiate per combattere la depressione

Il frastuono dei fiori dispersi nei campi come macchie di colore, il silenzio delle auto che vanno a 70KmH, motori vecchi e fumanti, l’indifferenza dei passanti e il mistero del via vai dai negozi, i bar, le scuole.
Resta soltanto un’indefinita quantità di strada da fare senza nessuna meta. Solo la strada, tantissima strada e non c’è tempo che tiene. Sole, pioggia, vento, nessuna stagione è preferibile alle altre.
Lunghe passeggiate contro la depressione, senza mai salutare, senza mai guardare in faccia a nessuno, senza una sosta e nessuna parola da dire. L’infinito della strada da fare a piedi, salite di asfalto grigio consumato e malconcio e poi un pensiero orribile, uno strazio senza fine e uno scatto. Correre a perdifiato finche i polmoni non si spaccano, sudare, affannarsi e riprendere a camminare senza mai una sosta. L’adrenalina che blocca la mente e l’affanno come prova dell’inutilità. Lunghe passeggiate solitarie con la depressione. Vestirsi di nero, occhiali scuri e qualche volta un iPod per distrarsi. Lunghe passeggiate contro la depressione e la depressione non se ne va.
Lo vedi il punto A, non esiste. Lo vedi il punto B, non esiste. Tra il punto A e il punto B un’infinità di punti che non esistono e tutto questo per sentirsi dire che questa è la realtà.
Sentirsi un po’ malati ma senza speranza di cura e l’unica cosa che rimane è la strada, vuota, piena di niente e di gente che vale come niente. Case tutt’intorno che sono come niente, alberi e tralicci, animali morti e squarciati che restano lì fino a che gli avanzi non si riducono a piccoli pezzetti informi e indistinti. Lunghe passeggiate per combattere la depressione fatte per stancare le membra e le ossa, affinché l’ossigeno possa servire solo a riprendere un po’ di forza per raggiungere il sonno, il meritato riposo dall’inutilità. Lunghe passeggiate contro la depressione e la depressione non va via. Lunghe passeggiate e tanta strada da fare. Lunghe passeggiate, lunghissime, inevitabili come una droga. Rimane solo la strada che non fa mai domande e che non da soluzioni. Lunghe passeggiate contro la depressione che non basteranno mai.

sabato 5 febbraio 2011

L’apparenza


Del prossimo non guardare la presenza, il vestito, lo stile. Del prossimo non guardare i lineamenti, la forma fisica e nemmeno lo sguardo. Del prossimo non ascoltare cosa dice, non soffermarti sul linguaggio e nemmeno sul tono della voce. Del prossimo non chiederti cosa fa, da dove viene e chi sia. Del prossimo non pretendere di conoscere la storia.
Del prossimo ti servirà solo conoscere l’interesse.

domenica 23 gennaio 2011

Lotus


I was hell
Sarcastic silver swell
That day it rained
Tough spun. Hard won. No
Ocean flower aquarium
Badlands. Give a hand
Honey dipt. Flim flam
Hey hey hey hey
That cat can walk like a big bad man

So happy to show us
I ate the lotus
Say haven't you noticed?
I ate the lotus

Storefront window, I reflect
Just last week I was merely heck
Tip the scale. I was hell
Picked me up, then I fell
Who's this stranger? Crowbar spine
Da, da, da, and I feel fine
Let it rain, rain, rain (rain)
Bring my happy back again

So happy to show us
I ate the lotus
Say haven't you noticed?
I ate the lotus
I ate the lotus

Let it rain, rain, rain (rain)
Save me from myself again
Wash away my ugly sins
Opposing thumb, dorsal fin
That monkey died for my grin
Bring my happy back again
Let it rain (rain), rain, rain (rain)
Bring my happy back again

So happy to show us
I ate the lotus
Say haven't you noticed?
I ate the lotus
I ate the lotus
I ate the lotus
I ate the lotus

( R.E.M. / Up 1998 )

Sono diabolico, lo so! E non vorrei esserlo, almeno in certi momenti. Inevitabilmente sbaglio a dare una seconda opportunità o a non concederne nessuna. Lo so, ripeto i soliti errori. Sono diabolico e a volte non mi dispiace esserlo. Mi sento di là dal vostro arrancare, oltre le vostre certezze ed evito di incrociare l’insicurezza dei vostri goffi gesti. Sono freddo e questo non vi piace. Ci metto troppo sangue e sudore e nemmeno questo vi garba, ma io vivo per quello che voi non capite, quello che è nettamente contrario ai vostri gusti.
Sono sarcastico, troppo sarcastico per voi, quasi catastrofico. Terribile come un’onda anomala sui vostri pensieri stabili. Spaventoso come un fulmine a ciel sereno. Inopportuno come la pioggia.
Nel mio esile passaggio il mio silenzio fa troppo rumore e questo non me lo perdonerete mai, lo so.
Proprio come una puttana apparentemente trasandata e anoressica.
Immagini forti non ne vuole nessuno, tutti cercano la comodità delle solite cose. Io invece sono di troppo e non m’importa niente. Non m’importa di essere giudicato dalla vostra mediocrità, così nel bel mezzo della vostra disperazione non faccio altro che godermi la pioggia, goccia per goccia. Sono scandaloso nel dare un morso a un frutto acerbo e non mostro nessuna attenzione al vostro sgomento. Sono una brutta puttana sbiadita e malata di personalità e surrealismo. Lascio che piova e continuo senza voltarmi per la mia strada. Sono diabolico in questo e nel buttarvi in faccia cinicamente qualcosa che si avvicina alla verità. Nel dirvi cose scomode e nel non dare opportunità di controbattere. Sono diabolico, lo so. Sono un angelo sciatto e misero, ma tutto sommato, sono felice così.

martedì 11 gennaio 2011

Io sono un ottimista


Immagino sempre che il mio inferno sia migliore di quello degli altri.

domenica 9 gennaio 2011

Ten Years After


Ci siamo incontrati per caso in una Bologna sconosciuta, piena di altra gente, di tanta altra gente, tra nebbia fitta e sole fiacco. È stato uno scontro e una scelta veloce. Non sembrava un colpo di fulmine ne amore a prima vista ma siamo diventati ottimi compagni di viaggio. Un buon compagno di viaggio sa sempre come adattarsi ad ogni situazione e non ti abbandona mai. Abbiamo diviso pioggia, freddo, grosse sudate e lavori duri, giorni di festa e malinconie. Sempre insieme nelle buone serate e nelle situazioni scomode. Un buon compagno di viaggio capisce le tue attese e le tue pause, custodisce i tuoi segreti e protegge le tue idee dall’incomprensione e dal caos anonimo dell’umanità. Non abbiamo dovuto mai giustificarci per lo stupore, non abbiamo mai dovuto preoccuparci dell’effetto e dello stile. 10anni insieme e sono tutti lì. Nessun ricordo sbiadito, nessun rammarico e mai una parola di troppo. Abbiamo sempre diviso quello che il destino ci ha riservato. 10anni e una sola anima. 10 anni senza mai contare il tempo. 10anni dopo siamo ancora qui con lo sguardo che mira lo stesso orizzonte e sa nascondersi bene sotto la stessa visiera rossa.

giovedì 6 gennaio 2011

Filosofia


La filosofia può ispirare, può suggerire idee o dare insegnamenti. La filosofia può anche semplicemente creare suggestioni estemporanee. Io amo la filosofia libera dal concetto.
Più importante del concetto è la sua applicazione nel proprio vivere quotidiano.
La maggior parte della filosofia non è mai stata scritta ma viene applicata e vissuta da ognuno di noi.

domenica 2 gennaio 2011

Piccola prova informale


Essere sinceri è una prova di coraggio. È una sfida quotidiana verso se stessi e contro tutto. Essere sinceri alla luce del giorno è pericoloso e ti può capitare di fare grossi sbagli, di mettere tutto in discussione, anche solo per un momento di egoismo, per una fortuna esile ed effimera, per qualche spicciolo, per un bacio rubato, per una carezza caduta male, per un attimo di incomprensione.
Si consiglia di non indossare camicie blu, di nessun tipo di blu, di qualsiasi tonalità del blu.
Essere sinceri al buio sembra più facile e poi non ti vede nessuno. Essere sinceri al buio sembra più facile ma non ti vede nessuno. Non ci sono pericolo né soddisfazione. Essere sinceri al buio potrebbe risultare inutile ma anche altrettanto vitale.
Mai mandare fiori anonimi. Mai mandare pacchi bomba anonimi. Firmarsi sempre. In nessun caso, mai prima il cognome del nome, sia a voce che scritto.
Bisogna anche saper rubare ed io non ci riesco. Mi sento male se quello che rubo non mi appartiene, se quello che rubo non fa parte della mia dimensione. Diventa un qualcosa tolto a qualcun altro ma non diventa mio e questo mi fa sentire un ladro. Mi capita spesso di rubare senza sentirmi male e questo vuol dire che potevo farlo. In qualche modo mi sento legittimato dal fatto che potevo prendere qualcosa di mio ma che solo un attimo prima non sapevo mi appartenesse. Rubare in compagnia poi è il massimo. Qualcuno potrebbe parlare di condividere, di spartirsi quello che il destino ti offre, qualche mistico parlerebbe di comunione o di dono di Dio o roba del genere.
Rubare è come ricevere o fare regali e i regali sbagliati fanno sempre male.
Sorrisi, gentilezze e qualche complimento per farsi voler bene. Essere gentili, apprezzare tutto quello che si vede e darne sempre giudizi positivi. Rubare simpatia è una buona regola per essere falsi, ipocriti e felici.
Sto al buio nel giorno del Signore e non vedo nessun Signore, non ho voglia di chiamare nessuno né tanto meno di essere raggiunto. Non ci sono idee in programma, non si aspettano miracoli, non si fanno promesse e non c’è nessuno da convincere. Non dico niente nemmeno a me stesso. Mi è venuta solo un po’ di fame e ho mangiato da tre ore. È un pomeriggio buio e sono solo in casa ed ho fame. Cammino senza accendere le luci spinto da questa strana voglia, inaspettata ma ben accetta. Perché dire di no? Perché frenarsi? Perché non essere sinceri anche per così poco?
A tavola, mai dire "Buon Appetito".
Apro il frigo e si fa luce. Lo guardo con poca attenzione e scelgo degli affettati in vaschetta che nemmeno li preferisco, ma va bene così.
Ho scelto la vaschetta degli affettati, dal frigo la porto sul piano della cucina. Accendo la piccola luce della cappa, apro lo sportello del pane che sta in alto, mi faccio spazio con le mani nella grossa busta di carta e ne trovo un pezzo già tagliato, lo spezzo con le mani, una parte la lascio lì con lo sportello aperto, l’altra la mordo, poi faccio a brandelli la carne salata e mangio chino e in silenzio. Riprendo l’altro pezzo di pane e altri brandelli di affettato fino a terminare la vaschetta. Torno al frigo, ho sete e svuoto quello che rimane della bottiglia di vino rosso. Mi guardo attorno e nel buio pulisco le labbra con un gesto del palmo terminando il pasto come una piccola prova d’informalità. Alla luce sarei apparso come un animale, indecentemente sincero e poco gradevole, sicuramente non educato.
Evitare suoni o rumori sgradevoli, niente fumi, niente profumi, niente grida o toni altezzosi. Niente musica. Non si canticchia e non si fischia. Evitare modi e usi troppo personali. Mai eccedere con la freddezza però, almeno prima del rigor morti.
Riguardo nel buio e un chissenefrega mi strappa una smorfia di felicità. Apro un’altra bottiglia di buon vino rosso, mi verso un bicchiere e torno in camera, molto meglio dell’ultima cena senza parabole, miracoli e traditori a cui passare il sale.