domenica 15 febbraio 2009

I Love Jesus

giovedì 12 febbraio 2009

Babele



Bisogna mettere travi più resistenti. Abbiamo pensato di trasportare grossi blocchi di pietra su per il fiume. Ci vogliono più operai. Altre squadre di operai. Operai a basso costo. Ci vogliono più blocchi di pietra. Più travi. Ci vuole più impegno. Più sudore. Dobbiamo buttarci il sangue!

L’ingegnere che sognava di diventare un ingegnere, parla per ore e cerca di dare spiegazioni, spiegazioni tecniche. Parla, parla, parla, ma nessuno sa quello che dice. Nessuno segue i suoi paroloni e le sue ipotesi; i suoi calcoli, le sue convinzioni.

Non chiedetemi come ha fatto l’ultima torre a cadere! Non lo so. Eppure, i miei calcoli erano giusti, più che giusti. Erano calcoli esatti e voi lo sapete. Non riesco proprio a capire come abbia fatto a crollare giù?

E mentre l’uomo si perdeva nei suoi calcoli la sua lingua s’allungava fino ad uscire fuori dalla bocca. Un cane. La lingua se ne usciva e s’allungava, sempre di più. Ma l’uomo non ci badava e continuava a parlare, spinto dalle sue convinzioni, dai suoi progetti. Fino a che la lingua cominciò a sanguinare sotto i denti ciarlanti e non si riusciva più a capire una parola.

Signore lei sanguina!
Se continua così si staccherà la lingua da solo!
E che fine faranno i suoi progetti?


Nessuno capì se nel battere i denti sulla lingua l’uomo volesse dare una risposta a queste domande, o se fosse un riflesso incondizionato del dolore che provocava altro dolore e altro sangue, o se stesse ancora cercando di spiegare il suo progetto. Poi qualcosa di simile a una parola gli staccò la lingua. Un cane che urla prima di morire. L’uomo cadde a terra.

Avete visto? Gli è caduta la lingua! E adesso che fa? È incredibile! Cerca ancora di parlare, di spiegarsi. Steso a terra si è messo a disegnare linee e numeri tingendo di sangue l’indice che affonda nella lingua mozzata come si affonda la penna in un calamaio.

Così diceva il matto dai piedi grossi andando avanti e indietro senza sosta. Due piedi dalle dimensioni incredibili. Due piedi messi in due scarponi di cuoio che non avevano nemmeno la numerazione. In realtà non erano dei veri e propri scarponi, niente che un calzolaio potesse mai immaginare di creare, neanche il peggiore tra loro. Erano delle toppe di cuoio cucite male su due pezzi di legno.

Oddio! Non lo capisco! Che dice? Dice che sta morendo? Oppure non se n’è accorto? Non lo capisco! Cosa sta dicendo? Cosa sta scrivendo? Ma almeno ci sente? Se mi metto a urlare mi ascolterà?

Avanti e indietro. Avanti e indietro. Avanti e indietro.
L’uomo non trova pace e continua a non capire. Suda e borbotta. Se ne sta sotto al sole e va avanti e indietro. Soffre perché non riesce a capire. Vorrebbe fare qualcosa. Qualcosa di utile ma non fa altro che trascinare i piedi sul terriccio e non esce dalla polvere. Non riesce a fare niente che possa aiutare il moribondo. Vorrebbe forse una spiegazione da lui. E mentre che pensa, suda e cammina, scava un grosso fossato con i piedi che vanno sempre e solo avanti e indietro.
Una donna avvolta nel nero passa in silenzio portando con se una giara d’acqua. Non dice mai nulla. E nessuno chiede mai quali sono i suoi pensieri. Senza essere chiamata lei si ferma e mesce per chi ha sete senza mai ricevere un sorriso o una parola.
Un operaio con la pala riempie il fossato seppellendo i due uomini e la loro follia. La donna gli serve l’ultima acqua che riluce cadendo dalla bocca dorata, poi scompare. Si vede solo una lunga stoffa nera e vuota volare nel vento.
Dall’alto il capocantiere arabo canta una litania incomprensibile che annuncia la fine della giornata di lavoro. E nessuno è più o meno contento di prima.
Poi pezzo per pezzo, uomo dopo uomo spariscono tutti.

domenica 8 febbraio 2009

Liar


Welcome to Nowhere
where all days are ok
Tuesday, Friday and Saturday

You can wash your
sense with the rain water

When you're in Nowhere
you talk to yourself
you're your own best friend
you need nothin' else

Scream!
Liar! Liar! Liar! Liar!
Scream!
Liar! Liar! Liar! Liar!
Scream!
Liar! Liar! Liar! Liar! And breathe

Welcome to Nowhere
you talk to yourself
when you're in Nowhere
you need nothin' else

Scream!

Liar! Liar! Liar! Liar!
Scream!
Liar! Liar! Liar! Liar!
Scream!
Scream!
Scream!

( The Niro / The Niro 2008 )

Siamo ritornati al nostro posto e niente si muove. Siamo ritornati al nostro posto dove nessuno ci conosce e dove nessuno sa come arrivarci. Siamo soli. Soli e senza niente da dire. Il mondo poco fa è crollato senza troppo rumore. Non abbiamo vinto e non credo si possa parlare di sconfitta. Altro non è che una conseguenza di cose che succedono. Va tutto bene e non c’è niente da dire. Ormai siamo abituati all’imprevedibilità. Ad essere traditi. A tradirci. A cadere senza mostrare sangue e ferite. Conosciamo la bugia e non vorremo mai usarla. Conosciamo la bugia e lei lo sa. Loro lo sanno. Ma noi non apriremo più bocca inutilmente. E non ha senso lamentarsi. Ormai siamo abituati a rialzarci senza che nessuna mano sia protesa verso di noi. Non dobbiamo dare nessuna spiegazione. Non dobbiamo dare soddisfazione al dolore. Nessuna soddisfazione al nemico. Siamo ritornati al nostro posto e siamo sempre più lontani. Sempre più noi stessi. Sempre meno noi stessi per gli altri. Sempre meno fedeli al “ come mi vuoi”.
Non abbiamo bisogno di niente. Niente che non sia il nostro nessun dove. Romantico e sciatto.
Un respiro prega ogni giorno e guarda un bianco purissimo. Un respiro prega ogni giorno e sogna i colori. Sogna strane iperbole liberarsi nello spazio intorno, senza controllo.
Se pur ci fosse qualche domanda non potrei rispondere. Non farei altro che restare nel mio nessun dove, davanti al mio bianco circondato da iperbole coloratissime. E non sarei capace di dire nulla.

lunedì 2 febbraio 2009

Chitarra, falce e martello


C’è un martello in libertà che minaccia vendetta. C’è un martello che durante il giorno lavora e picchia chiodi e spacca mattoni di cotto. C’è un martello con il legno liscio del sudore degli operai, che risuona i suoi colpi lontani, ritmati come rintocchi di campane. C’è un martello che lavora tutta la settimana tranne la domenica. La domenica tocca alle campane picchiare l’aria per richiamare i fedeli e i bigotti in edifici freddi infestati da fiori e incenso.
C’è un martello assassino in giro. E c’è un tizio in giro. Un pazzo. Forse è un pazzo. Forse non lo è. C’è un tizio in giro con un martello. C’è un martello in giro ed è notte ormai. C’è questo strumento impazzito che non decide ne il bene ne il male. E mentre qualcuno prega, qualcuno minaccia vendetta. Le mani non tremano nel lavoro. Non tremano nella preghiera. Non tremano nei gesti folli. Le mani non tremano. La coscienza trema. La coscienza trema e fa vibrare le mani. Dicono che il martello porterà giustizia. Dicono che il martello porterà la rivoluzione. Dicono che il martello ci sfamerà. Sazierà il nostro stomaco e le nostre coscienze. Dicono che il martello ci libererà dagli oppressori. Ma la rivoluzione è durata poco. E abbiamo visto solo molto sangue. Dicevano che il martello l’avevamo dalla parte del manico. Ma abbiamo visto molto sangue. Poi è arrivata la giustizia armata e questa è stata la nostra condanna. Avere il martello dalla parte del manico.
Domenica niente da confessare.
Lunedì nessuno sciopero.
I martelli ritornano a picchiare la pietra adesso che hanno lavato via il sangue. E ogni giorno il sudore lava via il sangue e spacca le mani. Ogni colpo una bestemmia inutile. Dicevano che il lavoro ci avrebbe reso liberi. Parlavano di libertà, ma adesso tutto quello che vogliamo sentire è il suono dei nostri martelli arrivare giù nei campi seminati a grano.
Lì forse ci sentiranno le ragazze, i nostri amori.
Lì niente bestemmie. Solo rumore di vento e falci che tagliano aria e frumento. C’è una falce in giro e taglia in avanti. C’è una falce e un popolo che per secoli ha vissuto solo di grano e tramonti spettacolari, da guardare con la schiena rotta, senza nessun pensiero alto. Dicono che sta arrivando la rivoluzione. Dicono che c’era molto sangue. Abbiamo sentito le campane da lontano e i martelli fermarsi. Noi preghiamo il tramonto. E il dio delle messi. E il dio del re. E il dio che cambia nome come cambia la dittatura. Dicono che il raccolto sarà magro e che faremo la fame. Dicono che arriverà la rivoluzione perché non ci portino via il grano. C’è una falce in giro che brilla un sorriso d’oro e taglia in avanti. C’è una falce in giro, impazzita. E tanto sangue. Ma la rivoluzione è durata poco. Il piombo regale ha pensato bene di porre un freno alla follia.
Domenica tutti col capo chino davanti agli altari ma senza pregare.
Lunedì chi ha ancora vita nelle braccia tornerà ai campi.
Ai giustiziati ci penserà qualche dio e qualche chitarra. C’è una chitarra in giro. E canta la rivoluzione. Canta le battaglie. Canta il lavoro. Canta alla luna nelle sere stanche. C’è una chitarra che suona e non smette mai. Dicono che porterà la rivoluzione cantando le altre rivoluzioni. Dicono che porterà una rivoluzione senza sangue. E tutti vogliono sentire la chitarra suonare. Quelli che pregano e che non capiscono le parole. Quelli che bestemmiano e cercano sollievo. Quelli della giustizia armata che controllano se una chitarra possa avere colpi per la rivoluzione. Quelli che in un modo o nell’altro vogliono riposare l’anima in qualche sorta di paradiso e suonano; continuano a suonare, per se stessi, per gli oppressi, per gli angeli senza ali, per i giustiziati e gli sconfitti, per l’amore, la gloria e i vincitori e per chi li vuole sentire.
Domenica niente sangue. Solo un ritrovo per dimenticare. Solo un ritrovo per programmare la propria rivoluzione. E niente preghiere. E niente bestemmie.
Lunedì rivoluzione.

domenica 1 febbraio 2009

Corsa cieca


Corri bastardo! Corri e non ti fermare. Corri per un po’ di biada e per qualche puledra da montare. Corri! Anche se non sei un purosangue. Quello che ti aspetta è solo polvere, frustate e urla colme di pretese. Corri finché non ci sarà riposo. Corri fino a che brandelli di carne cadranno via dalla tua carcassa. Corri! Qualche volta uno zuccherino. Qualche volta niente. Qualche volta sarai un eroe, altre volte un fallito. Corri fino a che la tua carne da macello non ceda il passo alla stanchezza. Corri e non guardare altro che la pista. Corri,con i tuoi paraocchi da deficiente senza chiedere altro che una frustata in meno. Corri!
Al fine questa corsa sarà un ricordo lontano che ti ha consumato una vita.
Corri bastardo! Corri!