giovedì 29 ottobre 2009

The Dead Flag Blues


The car's on fire and there's no driver at the wheel
and the sewers are all muddied with a thousand lonely suicides
and a dark wind blows
The government is corrupt
and we're on so many drugs
with the radio on and the curtains drawn

We're trapped in the belly of this horrible machine
and the machine is bleeding to death

The sun has fallen down
and the billboards are all leering
and the flags are all dead at the top of their poles

It went like this:

The buildings tumbled in on themselves
mothers clutching babies picked through the rubble
and pulled out their hair

The skyline was beautiful on fire
all twisted metal stretching upwards
everything washed in a thin orange haze

I said: "kiss me, you're beautiful -
these are truly the last days"

You grabbed my hand and we fell into it
like a daydream or a fever

We woke up one morning and fell a little further down -
for sure it's the valley of death

I open up my wallet
and it's full of blood

( Godspeed you black emperor! / F# A# infinity 1998 )

Quanto può essere interessante vivere in questi tempi moderni? Quanto può essere emozionante arrampicarsi sugli specchi per scalare un’immaginaria vetta di libertà? Affannarsi verso la cuspide della piramide per non sentire la sabbia che arriva da ogni direzione, che fa tutto per trattenerti e inghiottirti. Pulviscolo dorato che sa di sale amaro, che corrode inesorabile, come un assassino che non fa rumore. Quanto può essere interessante essere figli di questi tempi moderni, quando poi non siamo altro che esseri primitivi un po’ più fortunati. Abbiamo luci, neon, carburante e armi fatali che colpiscono dalla distanza. Schermi al plasma, satelliti che controllano ogni nostro movimento perché la coscienza non si affida più a Dio, ma la nostra vita è fedele alla tecnologia. Nel bene e nel male, sempre più fedele alla tecnologia. E poi ci sono queste macchine, milioni di macchine, milioni di dispositivi che lavorano per noi. Noi, esseri primitivi che soddisfiamo i nostri bisogni primordiali con il plexiglas, con vestiti sgargianti in plastica, pelle e gommalacca. Noi, esseri primitivi che amiamo liberarci dai pudori, che non indossiamo più maschere e che amiamo coltivare il nostro ego come un bonsai, la nostra pianta divina che ci rende migliori degli altri. Unici e invincibili. Poi però, torna la sabbia a rovinarci la giornata. La sabbia cade dal cielo con le piogge acide e macera le carrozzerie delle nostre auto appena uscite dalla concessionaria, ci buca gli ombrelli comprati di fretta e scioglie i vestiti griffati italiano e made in china. Non c’è più energia elettrica, muoiono i neon e non siamo più invincibili. Siamo ancora nelle nostre grotte al buio, schiacciati dal silenzio e dal cielo nero che si confonde con tutto quello che siamo capaci di calpestare. Nemmeno i satelliti fermano la pioggia, il vento e la sabbia. E cosa rimane di tutta questa gente che si affretta sulle autostrade, sui mezzi pubblici, nei turni in fabbrica e tra gli scaffali dei supermercati? Cosa rimane delle ideologie e delle bandiere ora che si bruciano al vento? I governanti ci rassicurano, loro sanno sempre cosa fare e cosa dire. Loro lo sanno, noi no. Noi ci siamo accontentati e non abbiamo detto nulla nemmeno quando hanno cambiato il cielo. Hanno cominciato col prenderci in giro con i loro stramaledetti fuochi artificiali. Acrobazie pirotecniche. Stavano sparando al cielo ma sembrava festoso e colorato, nonostante il frastuono. Stavano cambiando il cielo, ma siamo rimasti inermi, distratti dai festeggiamenti. Il cielo ormai non è più come prima. Non è più infinito. È pieno di aerei, di missili intelligenti, di proiezioni di funghi atomici, di attacchi kamikaze, di virus d’esportazione, di droga e pacchi postali. Poi all’improvviso è tornato il silenzio e siamo scivolati tutti. Senza luce. Senza idee. All’improvviso qualcosa ci ha ridato il cielo di una volta. Immenso. Adesso, cosa rimane dei nostri tempi moderni? Cosa ci rimane senza la nostra vita artificiale adesso che abbiamo di nuovo un cielo immenso che non dice mai nulla, come un assassino che non fa rumore…

domenica 18 ottobre 2009

Mani in alto!

martedì 13 ottobre 2009

Pete Seeger

lunedì 12 ottobre 2009

Niente canzoni d’amore

La mente ha un battito e pulsa. Vampate di metallo fuso cadono sparse e scivolano sul corpo tra un’azione e l’altra. Il cuore è muto e sordo ma ci vede bene. Lo stomaco è un orecchio violentato dai silenzi. Sono anni che cerco di spiegare l’inspiegabile e la soluzione è sempre quella. Non c’è. Il trucco è avere dubbi. Avere dubbi e fede. Avere fede nei dubbi. Sono anni che cerco di spiegare l’inspiegabile e la musica diventa sempre più vecchia e malata. Malata come una certezza. Un altro battito invisibile e una nuova visione. Senza rumori o clamori, a parte il picchiare forte degli occhi sui vostri passaggi quotidiani. Madonne nere fanno finta di non capire mentre qualche angelo si è travestito da straccione e questa volta il trucco è venuto proprio bene. Campi magnetici bassi inopportuni e miracoli elettrici si alternano e si scontrano istante per istante e mi fanno girare la testa. Adesso rimango indifferente, senza parole e niente canzoni d’amore. Una bicicletta si è appena impiccata alla rete di un cancello e viene mangiata dall’ombra e dalla polvere. Indifferenza e nessun ricordo. Anche per lei. Solite cose, solite parole, soliti piccoli inganni. All’improvviso mi è venuta un’altra idea, tra una visione e una colata di mercurio rovente che si scioglie come cera tra le dita. Il viola innominabile non fa quasi più effetto nei miei prati bruciati dall’autunno. Sono sospeso e non chiedo altro. Lo sguardo sfugge, il pensiero di più, un altro battito, un altro ancora e poi via. Via! Senza parole, senza intenzioni, intanto una sigaretta e niente canzoni d’amore.

giovedì 8 ottobre 2009

Ghost rider
























Ghost rider, motorcycle hero
bebebebebebebe he's lookin' so cute
sneakin' round round round in a blue jumpsuit

Ghost rider motorcycle hero
bebebebebebebe he's a-blazin' away
packin' stars stars stars in the universe

Ghost rider motorcycle hero
bebebebebebebe he's a-screamin' the truth
america america is killin' its youth

Bebebebebebebe he's a-screamin' away
america america is killin' its youth
america america is killin' its youth
ghost rider
ghost rider

( Suicide / Suicide 1977 )

Ho trovato l’America! Si! Ho trovato l’America! E non c’è stato bisogno di conquistarla!
Ho trovato l’America! Ho trovato l’America! Mi ha conquistato subito!
Come Colombo, non so nemmeno cos’è, non so dove si trova, ma ho scoperto l’America. Non so che farmene ma mi piace. Ho scoperto l’America e l’euforia viaggia forte sulle mie due ruote. La paura va a 90km all’ora, col motore truccato. Il coraggio pure.
È la vita. Questa è la vita e mi piace perdere tempo, spendere annoiato e violento la mia prima primavera. Mi piace incrociare le caviglie e i miei pochi pensieri all’ombra. Trafitto da spille e spilloni, a caccia di balie in balia della noia. Distruggo quello che non mi piace. Distruggo quello che non capisco. Distruggo quello che non sarei mai capace di fare. Mi piace urlare. Mi piace essere preda dello sclero e faccio bebebebebebebe…
Il vento dice che è un suicidio. Già, è un suicidio. La vita è un suicidio lento. Ma io vado forte. Non ho il senso di quello che faccio. Non ho il senso del guadagno. Non ho il senso di quello che spendo. Non m’interessa.
Ho trovato l’America e indosso i miei nuovi blue jeans stracciati.
Faccio casino e faccio bebebebebebebe…
Mi sento leggero e corro veloce. Mi sembra di volare e semino stelle. Sono una striscia tagliente. Ho lo sguardo furbo io. Sono velocissimo. Faccio casino e faccio bebebebebebebe…
L’America mi uccide nei suoi telefilm.
L’America mi uccide nelle bollicine della Coca-cola.
L’America mi uccide quando faccio il pieno di benzina.
L’America mi uccide e sono un fantasma che mangia hamburger.
Sono un fantasma sulla Route 66.
Sono un fantasma sulla strada 666.
Sono un fantasma ucciso all’occidentale.
Faccio casino e faccio bebebebebebebe…

mercoledì 7 ottobre 2009

10 regole per farsi ben volere dal proprio capo

Sorridere sempre, in ogni situazione, anche la più difficile; mostrarsi in grado di affrontare ogni spiacevole episodio.
Non lamentarsi mai.
Essere sempre riconoscenti e fortunati dell’opportunità che si ha, in altre parole, lavorare per lui.
Accettare ogni ordine con entusiasmo e professionalità.
Non sottolineare mai le proprie capacità e quanto sia importante per l’azienda il lavoro che si svolge.
Non mostrarsi mai insoddisfatti o vagamente turbati dal suo comportamento o dal lavoro.
Non chiedere mai soldi, anticipi, arretrati o delucidazioni su questioni contrattuali.
Non essere mai polemici.
Interessarsi alla sua vita privata quando ne parla, alle sue idee e non parlare mai troppo di se; ricordate, il protagonista è lui, voi siete solo uno che collabora e che viene pagato per il lavoro svolto e per altre cose che non sono menzionate nel contratto ( nel caso aveste un contratto ).
Dare sempre di più, sempre di più, sempre di più senza nulla a pretendere.
Allora si, che il vostro capo sarà soddisfatto di voi e del vostro operato, anche se lo dimostra con freddezza e in modi inopportuni, ad esempio frasi fatte e a trabocchetto, sguardi traversi, orari prolungati, nuove mansioni e approfittando di quella fiducia da voi così dolorosamente acquisita che lo porta a fare quello che vuole e a non aspettarsi alcun cenno di critica.
Buon lavoro!

martedì 6 ottobre 2009

Ode al divano


Tutti dovrebbero avere un tetto, un letto, un buon pasto caldo, e soprattutto un divano. Un divano comodo, che sta lì ad aspettarti, la sera, la notte e a qualsiasi ora. Proprio dietro al portone di casa. Due passi e sei arrivato al divano. Due passi e tutto il resto non conta più ed è lontano e senza peso. Ci sei solo tu e il tuo divano. Tutti dovrebbero avere un divano amico. Che non dice mai di no. Che ti promette sempre quell’ora d’aria, lontano dai carcerieri e dai caporali che il giorno provvede sempre a mandarti.
Lì, sul mio divano, ci sono nascosti i miei sogni disordinati, i miei pensieri cattivi e i miei pensieri buoni. Lì, sul mio divano, ci sono scorte di aria tranquilla e porzioni di vuoto da consumare piano. Un libro interessante, un telecomando senza impegno, qualche vizio, delle briciole di solitudine e una stoffa dorata e avvolgente, mai troppo calda, mai troppo fredda. Lì, sul mio divano, ci sono depositate come in una banca, alcune delle mie ore migliori, al sicuro da malintenzionati e truffatori. Che bussano alla porta per venderti qualcosa. Che bussano il mattino, rompono il giorno e sono sempre di troppo la sera. Qualcuno entra nella tua vita senza bussare e se ne va senza avvertire.
Ma a me cosa importa, adesso che sto sul mio divano…

lunedì 5 ottobre 2009

Orgoglio italiano


Ma che te ridi!?

domenica 4 ottobre 2009

Liberi dal male

Trasformiamo il male in male minore. Il male minore in abitudine. L’abitudine in bene. Il bene in essenziale.
Non toglieteci il male.

sabato 3 ottobre 2009

Newton e la noce di cocco

Giamaica 1668

Isaac, oggi ti iscriverai all’università. Non è meraviglioso!?
Veramente, madre, preferisco migliorare la mia tecnica degli origami. Proprio in questi giorni sono riuscito a creare un tronco di cono assolutamente perfetto della lunghezza, pensa un po’, di 38 centimetri! Non è stupefacente!?
Centimetri? E cosa sono i centimetri?
Ma madre, è un sottomultiplo del sistema metrico decimale, con il quale noi giovani moderni misuriamo lunghezza e profondità. È uno sballo!
Lascia stare i centimetri, gli origami e tutte le altre diavolerie! Oggi tu ti iscriverai all’università di Kingston. E niente discussioni!
Ma i miei origami ripieni di canapa sono molto apprezzati in paese! Tutti i ragazzi mi adorano per le mie doti tecnico-scientifiche. Credo di diventare famoso e perché no, anche ricco. Voglio brevettare e vendere i miei origami. Con degli amici abbiamo pensato di creare una società. Siamo ancora indecisi sul nome; potrebbe essere la Kaia Corporation, oppure Happy Ganja, ma a me piacerebbe chiamarla T.H.C. International.
Isaac, non è una buona idea fondare una società con dei coltivatori diretti di canapa.
Ti dico che è davvero una buona idea, e poi la mia non è solo una passione, è qualcosa di più. E poi sono in ritardo rispetto agli altri studenti. Ho dedicato questi anni agli origami e non so se l’ambiente universitario possa accettare un ragazzo di campagna e la sua canapa. Quella è gente di città. Non è come noi, che vive di cose semplici.
Niente da fare. Devi crearti un futuro, e non puoi trascurare la cultura.
Madre, in verità sto pure scrivendo un trattato sulla canapa, lo chiamerò Philosophiae Cannabis Naturalis Principia Activia Mathematica.
La canapa non ti porterà mai da nessuna parte. Il mondo si evolve, stiamo andando verso l’industrializzazione. Non puoi continuare a vivere isolato nel tuo verde campo coltivato. Lo dico per il tuo bene. Oggi ti iscrivo all’università e niente più discussioni! Non è meraviglioso!? Isaac! Isaac! Mi ascolti? La finisci di fumare!?
Ah si…madre. È meraviglioso. Va bene, oggi mi iscrivo all’università. Si, è meraviglioso. È proprio uno sballo! Un tiro?
No, grazie. Devo preparare il pranzo.

In pochi anni Isaac recuperò gli anni perduti, e addirittura divenne più bravo dei suoi docenti, tra i quali c’era il noto matematico Adrian Cepu. Purtroppo una grave pestilenza aveva invaso le città ( che fu denominata Peste Gelminica, dal nome della professoressa che per prima aveva accusato i sintomi del malanno ). Questo morbo faceva diventare intolleranti e sciocchi, inibiva l’emisfero sinistro del cervello e portava le persone ad assumere atteggiamenti di onnipotenza. Per questi motivi le università chiusero e gli studenti furono costretti a spostarsi nelle campagne.
Isaac tornò al suo orto e continuò a studiare le discipline matematiche. In più, questa pausa, gli permise di coltivare il suo hobby, la sua vera passione. Un giorno, decise di andare al mare con degli amici per fare degli esperimenti per perfezionare i suoi origami. Dopo una serie di difficili esperimenti, alcuni si dice raggiungessero il mezzo metro ( forse Newton costruì la prima canna da pesca moderna, ma non ebbe mai modo di brevettarla ), i giovani scienziati si sdraiarono sotto una palma, felici del lavoro, ad osservare la natura. Improvvisamente, una noce di cocco cadde sulla testa del nostro Newton. Da lì in poi cominciò a farneticare strane cose; voleva dimostrare che la luce bianca è composta dalla somma di tutti gli altri colori. Disse pure che aveva scoperto la forza di gravità ( effettivamente una noce di cocco che ti cade in testa da tre metri di altezza è una cosa molto grave ), e formulò le leggi del moto ( ma si muoveva in modo molto strano e sciolto ). Nessuno era interessato ai suoi nuovi studi, con cui sosteneva di poter cambiare la visione del mondo. I sui scritti sull’uso della cannabis in medicina furono banditi e finì per essere dimenticato da tutti. Passò il resto della sua vita in solitudine a fare esperimenti e ad osservare il moto dei corpi celesti, che poi erano il lampadario della cucina e i ragni che si muovevano sul soffitto.

venerdì 2 ottobre 2009

Primavera acerba

Il legno vecchio dei portoni vibra forte e quasi si crepa. Vibrazioni incoscienti. Transistor ignoranti, al servizio di orecchi giovani e sporchi, suonano cantanti che hanno capito che il rock fa parte dell’adolescenza. E poi tutto diventa pop, tutto diventa popolare, tutto diventa un’illusione da vendere.

La madre al figlio
Potresti abbassare un po’ il volume?
La madre al figlio, dolce anche nel richiamo. Quasi timida, saggia e inquieta.

Il figlio alla madre
Anita! Anita! Questa sera le prendi… Anita! Anita! Stai zitta!
E altre cose brutte dette da una voce rauca, cavernicola. Tutto suo padre!

La madre al figlio
È arrivata Erika. Ti sta aspettando…
La madre al figlio, la ragazza al portone e un vuoto stupido, falsamente imbarazzato.

Il figlio alla madre
Ah si…dille che scendo.
M’importa e non m’importa di lei. Adesso stavo bene come stavo. Col volume alto. Mi piace davvero, mi piace il suo culo. Mi piace farla aspettare come una prugna secca al sole, per ore e ore sotto al sole. Per poi consolarla. Poi le dico che mi dispiace e che lei mi interessa, che poi so io qual è la sua parte migliore.

Primavera stupida e acerba.
Gli ottusi sembrano saggi e forti.

giovedì 1 ottobre 2009

Aforismi sulla morte e altre sciocchezze


La morte è il limite che ci rende tutti uguali.

Nessuno può pretendere di sapere cosa sia l’aldilà. Qualcuno può vantarsi di sapere qualcosa della vita. Nient’altro.

Le religioni non rivelano nulla. Sono solo versioni differenti dell’interpretazione trascendentale di uomini e popoli. Nessuna religione è più assoluta o più vera di un’altra.

La vita e la morte ci circondano senza soluzione di continuità, ma sembrano avere un loro equilibrio naturale.

Mi piace pensare che morire sia come liberarsi dalle miserie della nostra fisicità e attraversare in estasi un sogno eterno senza risveglio.