lunedì 2 febbraio 2009

Chitarra, falce e martello


C’è un martello in libertà che minaccia vendetta. C’è un martello che durante il giorno lavora e picchia chiodi e spacca mattoni di cotto. C’è un martello con il legno liscio del sudore degli operai, che risuona i suoi colpi lontani, ritmati come rintocchi di campane. C’è un martello che lavora tutta la settimana tranne la domenica. La domenica tocca alle campane picchiare l’aria per richiamare i fedeli e i bigotti in edifici freddi infestati da fiori e incenso.
C’è un martello assassino in giro. E c’è un tizio in giro. Un pazzo. Forse è un pazzo. Forse non lo è. C’è un tizio in giro con un martello. C’è un martello in giro ed è notte ormai. C’è questo strumento impazzito che non decide ne il bene ne il male. E mentre qualcuno prega, qualcuno minaccia vendetta. Le mani non tremano nel lavoro. Non tremano nella preghiera. Non tremano nei gesti folli. Le mani non tremano. La coscienza trema. La coscienza trema e fa vibrare le mani. Dicono che il martello porterà giustizia. Dicono che il martello porterà la rivoluzione. Dicono che il martello ci sfamerà. Sazierà il nostro stomaco e le nostre coscienze. Dicono che il martello ci libererà dagli oppressori. Ma la rivoluzione è durata poco. E abbiamo visto solo molto sangue. Dicevano che il martello l’avevamo dalla parte del manico. Ma abbiamo visto molto sangue. Poi è arrivata la giustizia armata e questa è stata la nostra condanna. Avere il martello dalla parte del manico.
Domenica niente da confessare.
Lunedì nessuno sciopero.
I martelli ritornano a picchiare la pietra adesso che hanno lavato via il sangue. E ogni giorno il sudore lava via il sangue e spacca le mani. Ogni colpo una bestemmia inutile. Dicevano che il lavoro ci avrebbe reso liberi. Parlavano di libertà, ma adesso tutto quello che vogliamo sentire è il suono dei nostri martelli arrivare giù nei campi seminati a grano.
Lì forse ci sentiranno le ragazze, i nostri amori.
Lì niente bestemmie. Solo rumore di vento e falci che tagliano aria e frumento. C’è una falce in giro e taglia in avanti. C’è una falce e un popolo che per secoli ha vissuto solo di grano e tramonti spettacolari, da guardare con la schiena rotta, senza nessun pensiero alto. Dicono che sta arrivando la rivoluzione. Dicono che c’era molto sangue. Abbiamo sentito le campane da lontano e i martelli fermarsi. Noi preghiamo il tramonto. E il dio delle messi. E il dio del re. E il dio che cambia nome come cambia la dittatura. Dicono che il raccolto sarà magro e che faremo la fame. Dicono che arriverà la rivoluzione perché non ci portino via il grano. C’è una falce in giro che brilla un sorriso d’oro e taglia in avanti. C’è una falce in giro, impazzita. E tanto sangue. Ma la rivoluzione è durata poco. Il piombo regale ha pensato bene di porre un freno alla follia.
Domenica tutti col capo chino davanti agli altari ma senza pregare.
Lunedì chi ha ancora vita nelle braccia tornerà ai campi.
Ai giustiziati ci penserà qualche dio e qualche chitarra. C’è una chitarra in giro. E canta la rivoluzione. Canta le battaglie. Canta il lavoro. Canta alla luna nelle sere stanche. C’è una chitarra che suona e non smette mai. Dicono che porterà la rivoluzione cantando le altre rivoluzioni. Dicono che porterà una rivoluzione senza sangue. E tutti vogliono sentire la chitarra suonare. Quelli che pregano e che non capiscono le parole. Quelli che bestemmiano e cercano sollievo. Quelli della giustizia armata che controllano se una chitarra possa avere colpi per la rivoluzione. Quelli che in un modo o nell’altro vogliono riposare l’anima in qualche sorta di paradiso e suonano; continuano a suonare, per se stessi, per gli oppressi, per gli angeli senza ali, per i giustiziati e gli sconfitti, per l’amore, la gloria e i vincitori e per chi li vuole sentire.
Domenica niente sangue. Solo un ritrovo per dimenticare. Solo un ritrovo per programmare la propria rivoluzione. E niente preghiere. E niente bestemmie.
Lunedì rivoluzione.

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