domenica 5 luglio 2009

Spaccateste


È quasi sera. Dovrei tornare indietro. Se solo sapessi dove andare? Credo di essermi perso. Perso rispetto a qualche dovere. Ma nella vita è più una questione di volontà. Chiedo informazioni. Ormai è tardi. Il posto è alquanto tetro, ma più avanti sembra peggio. C’è un cancello verde scrostato di bianco e celeste pallido. Vegetazione senza controllo e rumori dal di dentro. Dei colpi. Colpi forti ma morbidi. Entro. Chiedo permesso.
Si può?
Nessuna risposta. Proseguo. Vedo un signore grosso, grasso, rosso, lentigginoso, una massa di carne e sudore. In una mano un machete, nell’altra sangue e schegge d’ossa. Davanti un albero tagliato all’altezza delle sue ginocchia. Un bell’albero, di quelli che se potessero parlare direbbero solo la verità, cronache secolari. Un racconto senza commenti. Senza nulla di superfluo.
Buona sera. Volevo un’informazione. Credo di essermi perso
Prima o poi finite tutti per perdervi. Prima o poi tutti si perdono. Qualcuno arriva qui. Qualcuno si smarrisce molto prima.
Già. Si, vede volevo sapere solo che strada fare.
È una bella domanda. È una grossa domanda. E tu la chiami informazione!? È qualcosa di più. Ragazzo! Potrebbe essere qualcosa di vitale.
Sei stanco?
Beh si…
Sai quando ti sei perso?
È difficile a dirsi.
E vorresti sapere qual è la strada! È proprio una grossa domanda! Ci vuole tempo. Ci vuole tempo per rispondere. Tu, dimmi…ce l’hai del tempo?
Credo di si…
Bene. Quanto?
Non saprei. Mi sono perso, e a questo punto il tempo non conta molto.
Già. Forse non ti sei perso del tutto. Loro si, invece.
Loro chi?
Quelli che arrivano qui. Quelli che arrivano qui non lo sanno di essersi persi. Non ci pensano. Non ci credono. Pensano al tempo.
Continuo a non capire. Il ceppo secolare ha un cuore putrido, vermiglio e maleodorante. Da una cesta il grosso tizio prende qualcosa. È una testa.
Vedi?
Si. Cos’è?
È una testa. Hai paura?
No. Non è la mia. E se così fosse, sarebbe troppo tardi per aver paura.
Giusto. È una testa. Una testa d’agnello. Condannato dalla sua natura. Troppo tenero per non essere mangiato. Troppo timido per non farsi mangiare. Troppo facile da uccidere. Troppo buono per resistere alla tentazione di un pranzo domenicale.
Se vuoi saperlo non so bene che sapore avesse. Non è stato il mio di pranzo. A me arrivano solo le teste. Vedi, se avesse la testa attaccata al corpo sarebbe ancora un animale con qualche speranza. Invece si è perso. E qui arrivano solo teste. Qui ci arriva solo chi si perde. Chi si perde del tutto. E chi arriva qui non ha bisogno di tornare. In verità non lo merita.
Perché?
Non c’è un perché. So solo che è così. In non giudico. Non sono un giudice. Non sono nemmeno un boia, se è questo che ti stai chiedendo nella tua testaccia ancora attaccata al collo. Quindi non compete a me sapere il perché.
Chi è lei?
Nessuno di preciso, oramai. Sono uno spaccateste. Mi si potrebbe chiamare così. Ma non è ne un lavoro ne un passatempo. Non so. Potresti chiamarlo senso del dovere. Più che altro non c’è un senso. Il mio mondo si divide così. Da un lato le teste, quelli che si perdono dico io. Perché da qui non ritornano più. Dall’altra parte ci sono io, che non giudico, non condanno e non assolvo. In mezzo il machete.
Che senso ha?
Dovresti chiederlo alle teste. È colpa loro se si perdono. Oppure è la vita che ha voluto così. Non c’è un senso. Non c’è un perché. Ognuno fa quello che deve fare. Io spacco le teste.
Tu?
Io cerco.
Bene. Questo vuol dire che non ti sei perso.
Poi estrae un’altra testa dalla cesta in vimini circondata da mosche ronzanti e fameliche.
Chi è?
Non so. Potrebbe essere un uomo cattivo. Forse un uomo buono ma stupido. Forse uno che si credeva furbo. Ma non lo era in fondo. Adesso sembra solo un disgraziato. Sotto la sua testa c’è una cravatta. Ma le cravatte non reggono il collo. Forse il suo errore è stato scegliere male la cravatta.
Imperdonabile baby!
Crac!
Un colpo deciso. Uno schizzo sul grembiule. La lama risuona intensa e morbida.
Vedi? Non c’è un senso. Soprattutto, perché la mia vita non la puoi spiegare alle teste. Loro non ti crederebbero mai. Troppo impegnate a perdersi. E continuerebbero per la loro strada.
Tu invece perché ti sei fermato?
Non lo so. Forse sono stato solo fortunato. Forse ho le visioni. Si. Credo di avere le visioni.
Credo sia un bene avere delle visioni. Anche se non si possono raccontare, servono a qualcosa in fondo. Credi. È un bene. Ed è bene che tu vada via.
Si. Penso sia giusto.
Ti basta solo seguire un’altra visione per tornare. Non chiedere nulla di più.
Addio.

1 commento:

katrine ha detto...

Ti faccio i miei complimenti!
Hai scritto un qualcosa che non tutti capiranno, perchè la profondità del senso delle tue parole è pari solo alle sensazioni che trasmettono a chi ha voglia di leggere oltre alle parole stesse..
Profondità d'animo non comune per una visuale non standardizzata e tanto meno schematizzata.
Rinnovo i miei complimenti per il tuo saper scrivere in modo NON banale e scontato...